Parliamo di pensione - INPS, il primo pilastro
23 marzo 2022
Durante tutta la vita lavorativa noi accantoniamo una parte del nostro reddito allo scopo di avere un introito periodico anche quando saremo troppo anziani per lavorare.
Questi accantonamenti fatti durante la nostra vita lavorativa, sono essenzialmente di tre tipi, i 3 pilastri su cui si regge tutto il sistema pensionistico:
- il primo pilastro sono gli accantonamenti obbligatori per legge, che vengono prelevati direttamente in busta paga e versati allo stato, stato che poi provvederà a erogare la pensione pubblica;
- il secondo pilastro sono gli accantonamenti fatti volontariamente dal lavoratore in accordo e con il contributo del datore di lavoro; si tratta di una forma di retribuzione differita, soldi che vengono versati in un fondo pensione di categoria, o in un fondo pensione aziendale, o nel tfr; soldi che ci verranno restituiti nella liquidazione o come pensione integrativa;
- il terzo pilastro infine sono gli accantonamenti fatti volontariamente dal singolo, a prescindere dalla sua situazione lavorativa o dai contributi del datore di lavoro; assumono normalmente la forma di versamenti a un fondo pensione privato e vengono restituiti come capitale o come rendita periodica direttamente dal fondo.
In questo numero della newsletter ci occupiamo del primo pilastro, lasciando la discussione del secondo e del terzo pilastro ai prossimi mesi.
In Italia il primo pilastro è gestito per la quasi totalità dei lavoratori dall’INPS, l’istituto nazionale di previdenza sociale.
Se andiamo a vedere la busta paga vediamo che una parte importante della nostra retribuzione, il 10% circa, viene trattenuta alla fonte. Una parte ancora più consistente, il 25% circa, viene versata direttamente all’INPS dal nostro datore di lavoro senza essere evidenziata in busta paga. La somma delle due componenti arriva al 35% circa della retribuzione lorda (1).
Sul sito dell’INPS è possibile consultare il proprio estratto conto contributivo (2). Stranamente questo estratto non riporta il totale dei contributi versati, ma solo la base di calcolo, cioè la retribuzione annua lorda per ciascun anno. Applicando a questa le aliquote di cui sopra è immediato vedere che il cumulo dei contributi versati anno dopo anno assomma ad una cifra importante.
Ora, dove sono tutti questi soldi?
La prima e più importante cosa da sapere e da capire è che questi soldi non sono da nessuna parte, non in un conto corrente, non sono in un fondo, non sono investiti in immobili o in terreni. L’INPS li ha spesi, mese per mese, per pagare le pensioni a chi è già in pensione.
Infatti il sistema pensionistico italiano è un sistema cosiddetto a ripartizione, per cui i versamenti contributivi dei lavoratori attivi vengono usati mese per mese per pagare i pensionati e nulla rimane in cassa (3). Tanto entra, tanto esce.
Ma allora, quando saremo noi a smettere di lavorare, quanto prenderemo di pensione? E l’INPS avrà abbastanza soldi per pagarci?
Rispondere alla prima domanda è abbastanza semplice. Sempre sul sito INPS c’è una sezione dedicata alla simulazione della pensione futura. Il simulatore parte dai contributi effettivamente versati, svolge i complessi calcoli attuariali necessari e ci fornisce una proiezione di quanto sarà la nostra pensione (4).
Ovviamente questa simulazione riflette l’attuale stato delle leggi e in particolare si basa sull’assunzione implicita che l’INPS raccolga sempre, mese dopo mese e anche in futuro, abbastanza contribuiti per coprire il pagamento delle pensioni.
Tuttavia perché ciò avvenga nella realtà si deve verificare una serie lunga di condizioni:
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Non occorre essere attuari o demografi per capire che è praticamente impossibile intervenire sui fattori demografici, sul numero di lavoratori attivi e sulla durata della vita media (5). Molto difficile anche intervenire sulla base imponibile, cioè sulla retribuzione media.
Quindi per mantenere l’equilibrio pensionistico il legislatore dovrà necessariamente intervenire sulle tre variabili che sono effettivamente sotto il suo controllo: aumentare i contributi (6) oppure alzare l’età pensionabile oppure ancora diminuire l’importo delle pensioni. Più probabilmente sceglierà una combinazione delle tre cose e lo farà gradualmente, in modo da non inserire troppi scalini e scaloni.
Qualsiasi combinazioni di fattori venga scelta è però certo che la simulazione INPS dovrà essere rivista alla luce delle nuove disposizioni e dovrà essere rivista quasi certamente al ribasso.
Questo è il primo pilastro in Italia. Nei prossimi numeri parleremo del secondo e del terzo pilastro.
- I contributi dovuti all’INPS variano leggermente in funzione di vari parametri quali: l’attività aziendale, le dimensioni dell’azienda, la qualifica del lavoratore, ecc. ad esempio in una azienda industriale con più di 50 dipendenti l’aliquota contributiva per un impiegato è del 38,85% di cui 9,49% a carico del dipendente; per ulteriori esempi si veda qui: https://www.kitech.it/aliquote-contributive-INPS.aspx
- Occorre innanzitutto iscriversi al sito www.inps.it; poi accedere alla sezione MyInps e dal menu a sinistra selezionare Fascicolo previdenziale > Consultazione estratto conto unificato; ecco in bell’ordine le nostre retribuzioni annuali dall’inizio della nostra vita lavorativa da cui si possono calcolare i contributi versati;
- Ad esempio l’ultimo bilancio disponibile dell’INPS riferito all’anno 2020 ci dice che l’istituto ha avuto entrate contributive per circa 373 miliardi di euro e uscite per prestazioni istituzionali di 374 miliardi https://www.inps.it/dati-ricerche-e-bilanci/bilanci-rendiconti-e-flussi-finanziari/rendiconti-generali - anno 2020 - pagina 17
- Dopo essere entrati nella sezione MyInps conviene usare la barra di ricerca e cercare "la mia pensione futura"; il servizio che interessa è il primo che viene proposto fra i risultati
- il MEF ministero dell’economia e della finanze pubblica periodicamente previsioni demografiche sull’andamento della popolazione italiana, basate su ipotesi di natalità, di immigrazione e di mortalità; nel 2040, fra soli 18 anni, ad esempio il MEF prevede che in Italia ci saranno circa 19 milioni di persone ultra-65enni e circa 30 milioni di persone in età lavorativa, nella fascia dai 20 ai 64 anni; a legislazione vigente, questo significa che ogni lavoratore attivo dovrebbe versare contributi sufficienti a pagare due terzi della pensione a un pensionato, https://www.rgs.mef.gov.it/_Documenti/VERSIONE-I/Attivit--i/Spesa-soci/Attivita_di_previsione_RGS/2021/Rapporto-n.-22-Nota-Aggiornamento_28122021.pdf - tabella riassuntiva a pagina 43
- la spesa italiana per pensioni è pari al 15,8% del PIL (dato 2018), la seconda più alta dei paesi OCSE; la media è del 12,7%; https://ec.europa.eu/eurostat/statistics-explained/index.php?title=Social_protection_statistics_-_pension_expenditure_and_pension_beneficiaries.